giovedì 16 agosto 2012

Touchy. O come l'uomo diventò una macchina fotografica

Eric Siu è un media artist di Hong Kong, attualmente residente presso l'Ishikawa Oku Laboratory dell'Università di Tokyo. I suoi interessi artistici spaziano tra video, animazione, installazioni, arte cinetica ed interattiva. 


Il suo attuale progetto artistico "Touchy" trasforma letteralmente l'uomo in una macchina fotografica. Questo è possibile grazie ad un sofisticato apparecchio a forma di elmo che Eric mette sulla testa. L'aggeggio è dotato di lenti a forma di occhiali che permettono a chi lo indossa di scattare foto di ciò che vede in ogni momento.  La vera particolarità di questo elmetto però è il fatto che le lenti della macchina fotografica si aprono soltanto quando una persona tocca chi lo indossa, rendendolo "cieco" senza il contatto umano. 

Questa operazione è in realtà un progetto di ricerca sulla fenomenologia sociale dell'interazione che fa riflettere su come il mondo odierno, vissuto in maniera virtuale, impedisce alle persone di condividere gli spazi reali con altri esseri umani. Tecnologie come i social networks o i cellulari rendono i legami tra le persone effimeri e ci disabituano a percepire la comunicazione fisica.

Dopo aver letto di questo artista e di come lui affronta il problema della solitudine, così largamente presente nella società metropolitana, sono rimasta spiazzata per un attimo, temendo la disumanizzazione delle persone. Tutti sanno usare un cellulare, ma non altrettanti sanno approcciarsi agli altri; le persone che hanno un analfabetismo funzionale aumentano di anno in anno proprio nei paesi più ricchi.
Una vera consolazione però c'è. Se è stata la tecnologia ad estrapolaci dalla realtà, sarà anche la tecnologia a reinsegnarci l'approccio diretto con il prossimo. Eric Siu l'ha fatto e, mi auguro non sia e non sarà l'unico. Ogni tecnologia umana può essere dannosa o benevole. Ciò che fa la differenza è come la si usa.













Ecco il link del sito di Eric Siu:
http://www.ericsiuart.com/ 

mercoledì 15 agosto 2012

Colorful Umbrellas Installation. O l'informazione copia/incolla


 

Internet è comodo per trovare informazioni. Peccato che solitamente queste informazioni sono pressapochiste. L'installaione dell'immagine qui mostrata è una delle più famose del momento sul web. Puoi trovarla su inumerevoli siti e blog. Con la stessa didascalia. Tutti quelli che hanno condiviso hanno fatto copia/incolla dalla stessa fonte, affinchè si sono perse le tracce dell'inventore originale del testo. 

 Ah si, la foto è stata postata in tanti siti, ma nome dell'artista che ha creato l'installazione non è presente da nessuna parte, nemmeno sulla pagina del festival che ha finanziato l'installazione, ovvero l'"AgitÀgueda" della città di Àgueda, Portogallo. Il lettore è anche lasciato all'oscuro sulla durata  e sulla tipologia di questo evento. Si capisce che è un festival estivo e che si svolge in agosto, ma da nessuna parte sono presenti date precise. L'unica informazione fornita dall'ignota "fonte madre", scopiazzata dagli altri, è il nome della persona che ha scattato la foto: Patricia Almeida.

Dopo questa non tanto breve introduzione, possiamo concentrarci sulla lettura dell'immagine.Qui si vede una stradina pulita e ordinata, forse il centro di qualche città meridionale. Questo luogo ha il cielo coperto da centinaia di ombrelloni colorati. Che gioia! Che allegria! Come dice la fonte copia/incolla "Sembra di essere dentro una favola!". A me, invece, sembra di stare nella tenda di lenzuola che facevamo spesso da bambini...protetti dal resto del mondo giocavamo nascosti in un luogo sicuro. Ed è questo il punto inquietante dell'installazione: ti trascina in dinamiche protettive primordiali. Non valorizza lo spazio esterno, ma chiude sotto una cappa colorata le persone e i loro sguardi. Quest'opera claustrofobica, mascheata da festa gioiosa, in me non ispira altro che panico da efetto serra...

Ecco qui una delle fonti dove "potete trovare informazione": http://www.oddly-even.com/2012/08/02/colorful-umbrellas-in-mid-air-in-agueda-portugal/







VIOLENCE! O la Svolta

Poster della XV Biennale Donna

Sono neo laureata in Storia dell’Arte e avendo molto tempo libero e tante idiozie che passano per la testa, ho deciso di condividere con qualcuno la mia prima esperienza lavorativa, durante l’organizzazione e lo svolgimento della XV Biennale Donna: “VIOLENCE. L’arte interpreta la violenza”. Ovviamente essendo logorroica descriverò anche altre mie esperienze - estetiche e di vita.
Spero vi divertiate (*´∀`*)
E adesso alcune domande ovvie del tipo:
Cos’è la Biennale Donna?
-E’ logico! XD E’ una biennale di arte (contemporanea) dedicata esclusivamente alle artiste donne! L’iniziativa nasce nel 1984 a Ferrara, dove le donne dell’UDI (Unione Donne in Italia) decidono di dedicare la giornata dell’Otto Marzo ad un momento espositivo artistico femminile. Questa loro idea è stata subito appoggiata dalle Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea di Ferrara e la prima edizione ebbe un tale successo che Il direttore delle Gallerie Franco Farina, come grande esperto dell’arte che è, suggerisce all’UDI di continuare a fare mostre di artiste donne, dando così l’inizio ad una biennale.
Tutte le edizioni nascono da progetti che l’UDI attraverso un Comitato Scientifico realizza e presenta alle autorità pubbliche della città di Ferrara in attesa di approvazione.
E io dove sto in questa storia?
-Io sto in questa storia a partire dal 2011 (un anno fa), quando per la prima volta misi piede a Ferrara per raccogliere materiali ed informazioni sulla biennale. Dovevo scrivere la tesi di laurea e la mia Prof.ssa mi suggerì di farlo sulla Biennale Donna. Era un argomento “succulento”, interessante, ma soprattutto “mai trattato prima”! Con grande stupore appresi, infatti, che sulla Biennale Donna prima di me praticamente nessun tesista aveva fatto un lavoro!
E così presi l’aereo da Palermo, dove ho vissuto per cinque anni durante i studi, e arrivai a Ferrara, dove alloggiai all’Ostello Estense gestito da miei amici, dove incontrai le bravissime signore dell’UDI e dove mi innamorai.